L’importo lordo delle pensioni complessivamente erogate nel 2021 è di 312 miliardi di euro.
Le femmine, sebbene rappresentino la quota maggioritaria sul totale dei pensionati (52%), percepiscono il 44% dei redditi pensionistici, ovvero 137 miliardi di euro contro i 175 miliardi dei maschi. L’importo medio mensile dei redditi percepiti dagli uomini è superiore a quello delle donne del 37%.
Dei pensionati italiani, il 97% circa percepisce almeno una prestazione dall’INPS e ha un reddito lordo mensile medio di circa 1.640 euro.
I trattamenti previdenziali, ovvero le pensioni di anzianità/anticipate, vecchiaia, invalidità e superstite, assorbono il 92% della spesa, mentre quelli assistenziali, ovvero le prestazioni agli invalidi civili e le pensioni e gli assegni sociali, il restante 8%.
“Quota 100”: bilancio triennio 2019 - 2021
Nel 2019 è stata introdotta, in via sperimentale e per un triennio, la cosiddetta “Quota 100” che permette ai lavoratori di anticipare il pensionamento rispetto ai requisiti per la pensione di vecchiaia o quelli per la pensione anticipata, a condizione di aver almeno 62 anni di età e almeno 38 anni di contribuzione.
A tre anni dal suo avvio, l’INPS traccia un primo bilancio: al 31 dicembre 2021 le domande pervenute sono circa 482 mila, di queste poco meno di 380 mila sono le accolte (79%), 39 mila le giacenti (8%) e 63 mila le respinte (13%), per una quota di accoglimento rispetto al totale delle lavorate prossima all’86%.
Dei pensionati con domanda accolta, più di due terzi sono di genere maschile. La gestione di liquidazione è stata da lavoro dipendente privato per quasi la metà dei casi (49%), da lavoro dipendente pubblico per il 31%, da lavoro autonomo per circa il 20%. Analizzate per anno di decorrenza: il 40% ha decorrenza nel 2019, il 30% nel 2020, il 29% nel 2021 e l’1% successivamente al 2021.
L’età media alla decorrenza si attesta poco al di sopra di 63 anni, mentre l’anzianità media è di 39,6 anni. Mediamente l’anticipo rispetto al più vicino dei requisiti ordinari è di 2,3 anni. L’anticipo incide in maniera significativa sul valore dell’assegno:
- mediamente lo riduce del 4,5% per anno di anticipo per i lavoratori autonomi
- del 3,8% per i dipendenti privati
- del 5,2% per i dipendenti pubblici.
I lavoratori con redditi mediamente elevati, partendo da pensioni di importo maggiore, si preoccupano relativamente meno delle riduzioni connesse a uscite anticipate rispetto ai requisiti ordinari.
Anche se “Quota 100” ha registrato meno adesioni rispetto alle previsioni iniziali, questo canale di uscita è stato comunque utilizzato da una ampia platea di lavoratori che a fine 2025 (quando saranno pressoché esauriti i potenziali aderenti) potrebbe superare i 450 mila soggetti.
“Quota 102”
Nel 2022 è stata introdotta “Quota 102” che permette l’accesso al pensionamento ai lavoratori che nel 2022 compiono almeno 64 anni e maturano almeno 38 anni di contribuzione. Nel sistema contributivo puro esiste anche la possibilità di anticipare il pensionamento con almeno 64 anni di età e un minimo di 20 anni di contribuzione con l’ulteriore condizione di aver maturato un assegno pensionistico pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale.
Con il venir meno di “Quota 102”, dal 1° gennaio 2023 per la generalità dei lavoratori appartenenti al sistema ex retributivo o misto la possibilità di uscita è limitata ai requisiti ordinari per la pensione di vecchiaia o anticipata.
Fonte: XXI Rapporto annuale INPS (Luglio 2022)