Esposizione delle Pmi al rischio alluvioni, frane e terremoti

Integrando i dati ISPRA e INGV, che classificano i rischi da alluvioni, frane e terremoti con le informazioni di Cerved, è possibile delineare l’esposizione delle PMI italiane alle 3 componenti del rischio fisico.

17 ottobre 2022
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Per mappare l’incidenza e i possibili impatti dei rischi legati a fenomeni fisici sul sistema produttivo italiano, partendo dalla geolocalizzazione per cella censuaria delle sedi aziendali, Cerved ha sviluppato degli score di rischio. L’esposizione si basa su cinque diverse classi: molto basso, basso, medio, alto e molto alto.

La gran parte delle società opera in contesti caratterizzati da un basso grado di esposizione, anche se l’incidenza della rischiosità varia notevolmente a seconda della tipologia di rischio.

Le sedi di PMI che operano in zone a rischio alluvioni alto e molto alto sono circa 41 mila su un totale di quasi 360 mila unità produttive mappate (11,6%), un dato molto più alto rispetto a quello calcolato con riferimento al rischio terremoti (22.651, il 6,3%) e al rischio frane (6.472, l’1,8%).

La distribuzione geografica delle tre diverse componenti del rischio fisico riflette l’eterogeneità del territorio italiano, con forti differenze a livello regionale.

 L’area che presenta una maggiore quota di addetti di PMI in zone ad alto rischio di alluvione è il Nord-Est (21,9% del totale), con una forte incidenza registrata in Emilia Romagna (43,9%). Nel Centro è significativa l’esposizione a questo rischio della Toscana (39,2%), mentre nel Nord-Ovest spicca la Liguria (21,2%).

In termini di rischio frane la Valle d’Aosta evidenzia i livelli di rischiosità più alti (32,9% addetti in classi di rischio alta o molto alta), seguita dalla Liguria (15,3%).

Anche l’incidenza del rischio sismico si diversifica molto a livello territoriale, con quote più alte di addetti in zone a rischio in Calabria (77,4% degli addetti) e Molise (68,6%).

Il rischio di transizione delle PMI

Il rischio di transizione è associato ai costi derivanti dal processo di adeguamento necessario dall’evoluzione verso un sistema economico sostenibile dal punto di vista ambientale (la necessità di realizzare investimenti per modificare gli impianti produttivi, abbattere le emissioni, ridurre i consumi energetici).

Cerved ha sviluppato un sistema che misura il grado di esposizione dei diversi settori ai rischi connessi al processo di transizione espresso su una scala a cinque classi.

  • Tra i settori a rischio molto alto figurano le attività legate all’estrazione, lavorazione e commercializzazione di combustibili fossili.
  • Nella classe di rischio alto sono presenti le attività energivore che operano nella produzione di energia elettrica da fonti non rinnovabili, nell’industria pesante (siderurgico) e nella filiera agricola (allevamento), sottoposte a regolamentazioni sempre più stringenti che impongono  investimenti elevati per allinearsi ai nuovi standard.
  • I settori a rischio medio comprendono la gran parte delle attività manifatturiere (es. sistema moda, casa, elettromeccanica) che dovranno ridurre l’impatto ambientale attraverso investimenti di adeguamento.

Fonte: Rapporto Regionale PMI 2022 (curato dall’Area Coesione Territoriale e Infrastrutture di Confindustria e da Cerved - pag. 110)

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